Spesso mi trovo a confrontarmi con amici su ciò che ci capita intorno e mi rendo conto che le risposte che sento siano il puro risultato di anni di educazione e imposizione velata di modi di fare o pensare supposti corretti.
Spesso parlando con loro noto come sia poco semplice trovare qualcuno che usi senso critico per rispondere alle domande della vita e –per l’appunto– spesso mi stupisco quando mi accade di sentire una vera opinione, che abbia cioè già ricevuto il placet delle soglie educative classiche.
Sono proprio quelli i momenti in cui mi fermo e mi chiedo se ci poniamo abbastanza domande, se quando ascoltiamo una notizia al telegiornale ci chiediamo il perché delle cose.
Sono quelli gli istanti in cui penso che è vero che la mappa non è il territorio, e che se cambiamo la mappa, cambiamo la nostra esperienza di vita.
“Le professioniste non possono essere madri;
non si mette il parmigiano sulla pasta con il pesce;
non si controbatte agli adulti anche quando hanno torto;
il posto pubblico è il lavoro migliore che esita”.
Mappe mentali, avulse dalla ampiezza e magnificenza del territorio.
L’essere umano è dotato di un meccanismo cerebrale che –se usato– può dare risultati strabilianti, altrimenti da solo, serve a poco.
Serve benzina che lo attivi e lo metta in moto.
Serve la leva che ne scateni la dinamicità.
Serve la linguistica che con la sua semplicità dirompente permei ogni spazio possibile e attivi i neuroni sconvolgendone la giornata e instillando nuovi programmi che porteranno a nuove azioni.
Richard Bandler e John Grinder la chiamarono Programmazione Neuro Linguistica, definendola il modo in cui la linguistica crea nuovi programmi nello spazio neuronale.
Le parole.
L’uso che ne fai.
Il modo in cui le dici.
L’intensità con cui le pronunci.
Le parole fanno ridere, sperare, soffrire, morire, tagliano come fossero forbici su un foglio di carta e cuciono due parti meglio di un ago appuntito.
Le parole sono strumento e risultato, sono metodo e educazione, sono nascita e fuga.
Creano.
Sono Magia.
E proprio il 1975 diede il benvenuto all’opera che sancì questo concetto: La struttura della magia.
Bandler e Grinder, uno psicologo e un matematico, decidono di trascrivere il Santo Graal del linguaggio, la ricetta segreta della linguistica, decidono di donare la chiave al mondo.
Loro sì che si sono alzati mossi dall’intuizione, hanno osservato professionisti eccellenti, ne hanno studiato i processi, la sintassi e il comportamento e ne hanno estratto la linfa.
Modeling –lo chiamavano– non per cambiare il mondo delle persone, ma per cambiare il loro modello di mondo.
Era proprio quello che facevano i professionisti eccellenti: non cambiavano l’esperienza dei loro clienti, piuttosto li supportavano nel cambiamento delle loro mappe interne.
Le loro idee di vita, famiglia, amici, l’educazione instillata senza l’ok del senso critico individuale.
Le cose che si fanno perché si sono sempre fatte e non perché si scelgono.
Ecco, ora tocca a te.
Scegli. O sarai scelto.