“Oh Romeo, Romeo perché sei tu Romeo!? Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome […] Che cos’è un nome? Quella che chiamiamo “rosa” anche con un altro nome avrebbe il suo profumo. Rinuncia al tuo nome, Romeo, e per quel nome che non è parte di te, prendi me stessa.”
Che cos’è un nome, si chiede la povera e disperata Giulietta affacciata al suo balcone, in questo celebre passo shakespeariano.
Non siamo di certo qui a parlare di letteratura inglese, ma queste parole sono uno spunto per la nostra riflessione sul processo di naming, ovvero sulla scelta del nome di un prodotto, servizio o brand e delle sue implicazioni.
Se è vero che chiamando la rosa con un altro nome manterrebbe il suo profumo, bisogna comunque prendere in considerazione ciò che questa parola ormai evoca nelle nostre menti e soprattutto: con cosa la si potrebbe mai sostituire?
Scegliere il nome giusto
Dietro la scelta del nome di un’azienda, di un prodotto o servizio, ci sono studio e strategie precise che se presi troppo alla leggera possono creare danni di immagine o portare all’insuccesso sul mercato. Oggi, fortunatamente, ci si affida sempre di più a professionisti per questa delicata fase anche se, sebbene in misura minore rispetto al passato, qualche passo falso è sempre in agguato.
Interbrand ci spiega in questo interessante articolo quali sono i 10 errori più comuni nella scelta del nome di un brand.
Al punto 6 afferma che uno di questi è “ignorare le implicazioni globali”, ovvero non studiare attentamente i possibili disastri linguistici.
Tante infatti sono le storie e le leggende metropolitane che da anni girano intorno a buffe traduzioni oltre confine. Per non cadere in qualche trappola, oggi più che mai, è d’obbligo controllare idiomi, slang e possibili associazioni culturali dei nomi che vogliamo usare.
Assicurarsi che il nome che hai scelto dica solo ciò che intendi dire è l’unico modo per evitare qualche figuraccia, più o meno grave che sia!
Errori di naming, in giro per il mondo
Possiamo trovare case history di naming sbagliati in tutto il globo. Ci sono sviste di tutti i tipi: da traduzioni in altre lingue o slang, connotazioni culturali o semplici assonanze con parole volgari (della sfera sessuale in particolar modo).
Vediamone alcuni esempi.
Oceania (alias Moana)
Uno degli ultimi scivoloni linguistici è della casa d’animazione Disney Pixar.
A fine 2016, una notizia rimbalza online anche sulle testate internazionali più autorevoli: in Italia il film di Natale della Disney “Moana” si chiamerà “Oceania” (e noi italiani ne intuiamo subito il motivo).
Su Variety un esperto di marketing ha detto infatti:
“Ci sono due motivi molto semplici per il cambio del titolo: prima di tutto se scrivi Moana e fai una ricerca Google in Italia, c’è il rischio che i primi risultati siano dei video porno. E sarebbe molto costoso, oltre che uno spreco di tempo, cambiare questi risultati. Secondo è che il nome Moana si collega subito a Moana Pozzi in ogni focus group italiano che abbiamo fatto.”
Grave e costoso errore dei produttori è stato, quindi, quello di non valutare cosa in un altro paese potesse evocare un semplice nome…e che nome, diremmo qui da noi!
Ikea, prodotti e traduzioni
Anche i guru del marketing della nota azienda svedese cadono in fallo a volte! Qualche esempio?
- Fartfull: il carrello che in inglese significa letteralmente “pieno di puzzette” (da fart, “puzzetta” e full, “pieno”).
- Jättebra: il vaso per piante che in Thailandia suona molto vicino alla traduzione di “sesso”.
- Gutvik: il letto per bambini il cui nome, pronunciato da un tedesco, ricorda qualcosa di simile a “una buona sc**ata”.
Surfacesoft e la calcolatrice
L’azienda produttrice di software lancia nel 2013 la sua calcolatrice per Windows 8.
Nessun problema di utilizzo, se non una probabile reticenza da parte degli italiani nello scegliere l’app, visto il suo nome “Inkulator” (nato dall’unione delle parole “ink” e “calculator”).
Microsoft ha subito provveduto a cambiare nome da Inkulator a “Kanakku” per il mercato italiano.
Strana nebbia su Estee Lauder
La casa cosmetica lanciò nel 2009 un fondotinta dal particolare nome “Country Mist”, letteralmente “nebbiolina di campagna”. Un naming sicuramente molto evocativo ma che purtroppo in Germania non evoca solo leggerezza: in tedesco “mist” ha sempre ha che fare con l’ambiente bucolico, ma più nello specifico, significa “letame”.
Nonostante questo, se volete provarlo, è ancora in commercio!
Apple iCosa???
Nemmeno la mitica Apple Inc. è immune agli errori. Il lancio dell’iPad nel 2010 portò sicuramente la curiosità verso il prodotto, ma anche ad un iniziale polemica sulla scelta del nome: “pad” significa infatti assorbente!
Neanche a dirlo, sul web spopolarono per diverso tempo alcune buffe prese in giro come ad esempio:
Auto e nomi bizzarri: chi più ne ha più ne metta.
Nessun settore, però, sembra essere così florido di errori di naming come quello delle automobili.
Recentissimo è il caso della Hyunday Kona, venduta in tutto il mondo ma il cui nome in gallego e portoghese si avvicina pericolosamente all’apparato genitale femminile.
All’inizio del XXI secolo la Mazda ebbe invece l’idea di chiamare la sua nuovissima “auto leggera” Laputa. Immagina il successo che ebbe nella penisola iberica.
La Mitsubishi negli anni ’80 trovò problemi al lancio dell Pajero 4×4 in America Latina, dove nello slang del posto il “pajero” è “una persona che pratica autoerotismo”. Meglio cambiare nome e ribattezzarla dunque Montero!
Stesso errore accadde alla Buick, con la loro Buick Regal chiamata Lacrosse appositamente per il mercato nordamericano, quando ad un intervista a consumatori canadesi, scoprì che in Quebec il termine “lacrosse” rimanda alla masturbazione.
Divertente il caso della Toyota MR2 (prova a pronunciarlo in francese) o della Toyota Fiera, che in portoricano significa tipo “brutta vecchiaccia”.
La lista di naming sbagliati di auto è davvero più lunga di quanto si possa pensare!
Insomma, il mondo è bello perché è vario e questi pasticci linguistici non sono altro che sintomo di questa varietà che va studiata e presa in considerazione in modo attento e coscienzioso quando si va a lanciare un brand, un prodotto o un servizio su un mercato ormai così globale.
Meglio spendere un po’ più nella ricerca iniziale, che fare i conti a figuraccia fatta dopotutto!
E tu? Hai qualche esempio di naming curioso o decisamente sbagliato? Condividilo con noi!