Francesca Alinovi, il DAMS e la Bologna degli anni ottanta

fra alinovi

Io non volevo morire.
Se tu mi leggi, ora, ed io sono morta, ricorda che io non volevo morire
(
Dal diario di Francesca)

Francesca AlinoviFrancesca Alinovi nasce a Parma nel 1948, decide di trasferirsi a Bologna per poi laurearsi in lettere all’Università di Bologna con una tesi di storia dell’arte su Carlo Corsi discussa con Francesco Arcangeli.

Si specializza con Renato Barilli, diventa ricercatrice di ruolo presso il DAMS di Bologna, e scrive per le principali riviste di arte contemporanea del periodo, come Flash Art e Domus.

Gli interessi di Francesca Alinovi si concentrano sulla storia delle avanguardie e sulle contaminazioni tra le varie arti.
Durante i suoi viaggi a New York entra in contatto con la New Wave e gli artisti del Lower East Side, tra i quali Keith Haring.  Nel 1981 scopre Fashion Moda e i graffiti del South Bronx. Attenta al panorama artistico a lei contemporaneo, diviene presto una sorta di “talent scout” di artisti italiani e americani. Organizza numerose mostre ed eventi culturali.

Nei suoi diari, Keith Haring dichiara che la migliore intervista di tutta la sua vita è stata fatta da Francesca Alinovi. Nel 1984, Haring le dedica la mostra a Milano nella Galleria di Salvatore Ala e lo stesso anno realizza il dipinto Unititled, Painting for Francesca Alinovi.

Bologna e il DAMS

Giugno 1983, c’è un clima strano in giro. Bologna è una città calda, torbida, il caldo e l’aria sanno essere inquietanti. Negli anni Ottanta i governi  sono sempre ballerini,  il terrorismo non è ancora debellato e la mafia ha ucciso il generale Dalla Chiesa con moglie e guardia del corpo.

Io non ero ancora nata.

A Bologna c’è il DAMS, ma cos’è il DAMS ? É il dipartimento di lettere relativo alla specializzazione musica, arti e spettacolo, fortemente voluto dal semiologo Umberto Eco, studiato sul modello della U.C.L.A di Los Angeles.
All’inizio attira molti studenti, ma – obietterà per esempio Roberta Manfredi figlia del celebre Nino, che aveva provato a frequentarlo – il DAMS era un posto da cui “tenersi alla larga”.

Perché?

Il contesto, il luogo, l’aria che tira, risente ancora degli anni settanta, l’impostazione è libertaria, girano tipi eccentrici, molta droga, poca disciplina, occupazioni facili, non sembra un luogo adatto a chi voglia davvero studiare per acquisire una laurea.

Ancora oggi, sul sito della facoltà viene dichiarato esplicitamente che lo sbocco professionale è praticamente equiparabile a quello delle lauree umanistiche e la frequentazione è desiderabile solo per motivi da pescare nell’amore infinito e disinteressato, tipicamente italiano, per la cultura.

dams alinovi

Ma torniamo al 1983, in Italia è l’epoca della presidenza di Sandro Pertini; nelle aule di tribunale, con il processo Moro, passano gli ultimi refoli degli anni di piombo; il Paese vede crescere la seconda generazione del boom economico e per le strade fa la sua comparsa la prima Fiat Uno.

A Roma scompaiono due ragazzine: una si chiama Mirella Gregori, l’altra è Emanuela Orlandi, proprio in quell’anno Bologna vive un periodo di grande fervore culturale.

Al Dams, il Dipartimento di Arte Musica e Spettacolo all’Università, dove insegna un Umberto Eco fresco della popolarità de Il nome della rosa, si afferma una giovane ricercatrice parmigiana.

Ha poco più di trentanni, ma Francesca è già uno dei critici d’arte di spicco, non è solo una studiosa brillante, ma anche una talent scout e lancia una corrente chiamata Enfatismo, un movimento nato dalle ceneri del postmoderno che riunisce giovanissimi performer, fotografi e musicisti di talento.

Francesco Ciancabilla

Tra loro, c’è anche Francesco Ciancabilla un pittore 23enne di Pescara, studente di Estetica dell’Arte del corso della Alinovi. Avvenente, con gli occhi ambrati e l’aspetto androgino, Ciancabilla non solo diventa il favorito di Francesca, il suo pupillo, ma le fa perdere la testa. Anche lui, del resto, subisce il fascino di quella donna carismatica con il look da punk lady, la ascolta rapito in quelle lezioni che sono vere e proprie esibizioni teatrali. Francesco gode della protezione che l’influente critica e curatrice gli riserva: in poco tempo organizza mostre e vende decine di quadri.

Francesca è una donna fragile, alla ricerca disperata di un amore che insegue idealizzandolo come una adolescente e che crede di trovare proprio nello studente per il quale si strugge di una passione disperata. Ciancabilla, però, non ricambia la sua attrazione fisica. Francesco è omosessuale, innamorato di un ragazzino venticinquenne incontrato per caso in un locale. In realtà Francesco è bisessuale, è omosessuale ed eterosessuale, e tossicodipendente dall’eroina, che lo rende impotente e totalmente indifferente alla sensualità di Francesca che lo amava con disperazione e idolatria.

La loro ambigua  frequentazione dura per due anni, tra alti e bassi, mostre, eventi e la distruttiva dipendenza dalle droghe. Francesca sniffa cocaina, Ciancabilla fa uso di eroina.

La tossicodipendenza diventa un acceleratore pericoloso in quel rapporto contorto che per due volte sfiora la violenza. Una volta Ciancabilla minaccia di suicidarsi lanciandosi  in un burrone mentre è in auto con la Alinovi, in un’altra occasione la insegue in casa impugnando un paio di forbici. Questa spirale, diventa un vortice, un baratro, esodo nero di dolore, frustrazione e sangue.

alinovi

La Musa de Dams sarà uccisa con quarantasette accoltellate in Via del Riccio, una piccolissima via in zona Saragozza.
Il 12 giugno 1983 Francesca Alinovi  viene trovata annegata nel suo sangue nel suo elegante loft bolognese. Le attenzioni degli inquirenti si appuntano immediatamente sul suo giovane allievo.

Quella domenica di inizio estate Francesca scompare.  Scompare dopo una serata passata tra amici, artisti ed eccessi.

Dopo due giorni di silenzio e decine di appuntamenti mancati, allarmati, gli amici di Francesca allertano la polizia che fa irruzione nell’appartamento in via del Riccio. Aperta la porta, i vigili del fuoco trovano il cadavere di Francesca sul pavimento. La scena è da brivido. La Alinovi è distesa sul pavimento con due grandi cuscini che le coprono il viso e parte del corpo.

Il tappeto su cui è riversa interamente imbevuto del suo sangue. È completamente vestita con indosso anche una giacchetta di pelle, sebbene facesse caldo. È annegata nel suo sangue. Qualcuno l’ha colpita più volte con un punteruolo o un coltello, ma le ferite che Francesca ha sul corpo non sono fendenti, sono tagli profondi appena un centimetro, sono circa 47, inferte sul lato destro del corpo tra il viso il torace e il braccio, che Francesca ha usato per difendersi. Si tratta di ferite superficiali che mai avrebbero causato la morte se una di esse non fosse stata inferta alla giugulare, facendo zampillare il sangue come una fontana finché Francesca non è rimasta soffocata.

omicidio alinovi

L’appartamento è in ordine, ma su una parete appare una scritta sgrammaticata in inglese: “Your not alone any way”, che suona come “non sei sola”. Quella domenica, secondo la ricostruzione di amici, lei era con Francesco avevano passato la domenica insieme, lei avrebbe dovuto accompagnarlo in stazione nel tardo pomeriggio.

Qualche cosa però andò storto, probabilmente Francesca aveva cercato l’ennesimo contatto fisico, un abbraccio, un bacio, il sesso, non si sa … poi un vuoto, il telefono di casa che suona e lei non risponde, da casa non è mai uscita.

Francesco si, nel mentre aveva avvisato la sua coinquilina di comprare una dose, dandole appuntamento in stazione si sarebbero fatti insieme e lui poi se ne sarebbe andato a Pescara.

Francesca  fu uccisa, presumibilmente nel tardo pomeriggio del 12 giugno, il corpo fu trovato circa tre giorni dopo, era molto caldo, ma si riuscì a risalire all’ora della morte grazie al suo Rolex, uno di quelli automatici, che si alimentano con il movimento e battito cardiaco.

Il delitto venne attribuito, con sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna confermata dalla Corte di Cassazione, a Francesco Ciancabilla.

Il diario di Francesca

ll suo diario, il diario di Francesca e i suoi amici, parlavano di Francesco.

Lei ne era follemente innamorata, ma pare che non fosse mai riuscita a concretizzare un rapporto intimo con il giovane allievo e poi la  donna non apriva a sconosciuti ed era solita affacciarsi alla finestra per vedere prima chi suonava al citofono, quindi il colpevole doveva essere stato qualcuno della sua cerchia. Apparve strano che non si fossero sentiti rumori o notati strani movimenti, poichè in via del Riccio,  le abitazioni sono molto ravvicinate e le finestre erano aperte per il caldo, ma non si trovò nessuno che avesse un minimo contributo da offrire in veste di testimone oculare o almeno “auricolare”, vista l’efferatezza dell’atto, che non doveva essere durato poco.

La notizia della sua morte circola rapidamente, l’ambiente artistico di Bologna è sotto choc. Gli amici più cari della Alinovi si precipitano in questura per denunciare i loro sospetti su Francesco Ciancabilla. Il giovane artista viene interrogato e dichiara di aver trascorso con Francesca il pomeriggio di domenica, dalle 15 alle 19 e 30. L’ora della morte viene collocata in una finestra temporale compatibile con quell’intervallo di tempo.

Nell’85 inizia il processo.

Dal banco degli imputati Ciancabilla sminuisce la sua relazione con la Alinovi declassando Francesca a “migliore amica” e si proclama innocente. In mancanza di prove (una impronta nel sangue su un interruttore della luce non porterà mai riscontri, ndr) il 31 gennaio del 1985 viene assolto in primo grado. Il pubblico presente al processo fischia la sentenza: per Bologna, Ciancabilla è colpevole.

La giustizia italiana credette di inchiodare Francesco Ciancabilla, per una serie di ragioni, dall’orologio bloccato su un orario preciso, l’alibi traballante del giovane artista, l’ambiente un po’ lisergico dei due, e anche la modalità dell’omicidio: un solo colpo mortale, e gli altri, sulla parte destra del corpo, inferti quasi con debolezza, come un pentimento e ripensamento

Ciancabilla venne assolto in primo grado, in appello invece condannato, ma tra l’uno e l’altro fece perdere le sue tracce. Vagò tra Brasile e Spagna e fu riconosciuto, dicono, da un turista italiano di passaggio mentre esponeva delle sue opere, verso la fine degli anni novanta, estradato e tradotto in carcere, ma è libero da tempo. La revisione del processo, richiesta a cadenza costante dai difensori di Ciancabilla, è sempre stata rifiutata dalle corti competenti, non sussistendo elementi di prova idonei a smentire il costrutto accusatorio, ribaltando gli esiti delle indagini condotte dagli inquirenti negli anni ottanta.

Tra il 1982 e il 1983 altre tre persone furono uccise nel modo accademico: Angelo Fabbri assistente universitario fu ucciso il 31 dicembre 1982, Liviana Rossi, studentessa, venne assassinata nel luglio 1983 e Leonarda Polvani, anche lei studentessa, fu accoltellata il 29 novembre 1983, I delitti Fabbri e Polvani sono irrisolti. Questi quattro omicidi, definiti dalla stampa, che parlò di killer degli intellettuali i “delitti del Dams”, vengono ricordati perché scoprirono il volto di una Bologna nevrotica, oscura, persa tra l’abuso di droghe e le frustrazioni di una generazione annichilita dal fallimento delle rivolte giovanili

Francesco Ciancabilla,  si è sempre dichiarato innocente, anche oggi.

Io, in passata e ancora oggi, ogni volta che passo in quella zona attraverso via del Riccio, guardo chi vive al numero 7 e alzo lo sguardo per vedere se le ante sono aperte o chiuse.
bologna via riccio

Oggi quell’appartamento è diventato un luogo d’arte.
Nel 2010 si è tentato di convertire un luogo di morte ed orrore in uno spazio espositivo.

Francesca e li, con l’arte sua.

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