Visioni oniriche di quello che comunemente chiamiamo cibo.
Siamo sinceri gli uni con gli altri: siamo oggettivamente bombardati e stimolati dal cibo, dal food, dal cucinare.
Negli ultimi anni i programmi di cucina trasmessi dalle varie reti televisive sono aumentati in modo esponenziale, non solo la cara Antonella Clerici durante l’ora di pranzo con la Prova del Cuoco, ma anche Master Chef, Gordon Ramsey con le sue Cucine da Incubo e la versione italiana di Antonino Canavaciulo.
La ricerca dei prodotti, l’autenticità delle materie prime, la cucina che rimane ancorata alla tradizione, ma guarda al futuro e poi la cucina vegana, quella vegetariana, la macrobiotica, la biodinamica, ma onestamente che cosa ci ricorderemo di tutto questo?
Quando questa moda passerà, quando si spegneranno i riflettori e calerà il sipario sul mondo del Food che cosa resterà a noi?
Io mi sono fatta l’idea che di tutto questo marasma di nomi, cose, ristoranti, programmi rimarrà ben poco, ma rimarranno invece quelle realtà culturali che hanno fatto del cibo un veicolo di esperienze, che hanno reso il mangiare un momento di convivialità, che hanno fatto delle tavole imbandite esperienza e atto sensoriale, resteranno loro: Arabeschi di Latte.
Chi sono realmente?
Fondato nel 2001 Arabeschi di Latte è un collettivo di designer, non artiste, ed è una cosa che tendono a chiarire e alla quale tengono molto, tutto al femminile con la passione per la convivialità.
Sperimentano nuovi concetti legati al food dove la suggestione, l’evocazione ed il potere comunicativo del cibo, soprattutto, vengono utilizzati per creare esperienze interattive e momenti di socialità.
Quello che vanno a ricercare è la nota di felicità, e la vanno a cercare sperimentando ricette, inserendo all’interno delle loro attività anche oggetti di varia natura che possono sembrare estranei al mondo della cucina.
Non dobbiamo pensare alla cucina come a un luogo tradizionale fatto di forni, fornelli, piani cottura, mensole, il loro è un modo di comunicare il cibo che va ben oltre, lo riempiono di valenze artistiche e dinamismo: sono molto attente al packaging, alla presentazione, perchè il cibo non deve essere solo consumato, deve essere amato.
Negli ultimi dieci anni Arabeschi di Latte ha compiuto un’operazione trasversale inserendosi in diversi contesti, progettando eating event, temporary bar, performance, workshop, in Italia e all’estero.
Creano installazioni e luoghi interattivi ed è proprio in questo lavoro che il cibo ha assunto un ruolo sempre più importante sia per la forma, per l’odore, il sapore, per il farsi materia artistica che diventa design e rimane commestibile, alterato da aromi, colori, suggestioni, ricordi valenze sentimentali, veicolo e strumento con la capacità di muovere le persone e di favorire la comunicazione.
Mangiarlo, viverlo, gustarlo, prepararlo, toccarlo e trasformarlo; il cibo è il cuore delle loro proposte creative, perchè è un elemento che ha la capacità di influenzare i rapporti, alterare le interazioni, farci cambiare idea su chi abbiamo davanti, condiziona gli spazi e diciamocelo, il cibo accorcia le distanze sia chilometriche che culturali.
Il cibo è per loro il mezzo più importante attraverso cui raccontare qualcosa di ancora più ampio, storie, vite, idee.
Amano partire dalle immagini più semplici e quotidiane – che ricordano casa e la vita di tutti i giorni – e vanno alla scoperta di cosa e come comunica questo cibo.
Per Francesca Sarti, la fondatrice del collettivo, il cibo può raccontare storie e descrivere intere culture.
Hanno un approccio glamuor; le loro sono installazioni architettoniche, sapientemente erette in modo teatrale e scenografico, non sono un semplice pranzo, non un semplice banchetto o pic nic, ma un’esperienza ricercata dove tutto è meraviglioso, stimolante e bellissimo per gli occhi e per il palato.
Vi trovate in una radura francese e una ragazza bionda, dalla voce squillante e il sorriso contagioso, vi invita a una festa notturna, dove gli invitati, i commensali e gli chef siete voi e il cibo diventa elemento floreale: la botanica e la materia culinaria si fondono e confondono, le sculture di caramello si creano grazie alla corrente di un torrente, la corteccia degli alberi è cioccolato fondente e le mele sono candide come la neve.
Ma che meraviglia è?
Francesca Sarti è una fata, come quelle belle descritte da William Shakespeare, che grazie alla magia ti fa assaporare filtri alla lavanda e menta, dove il pane è verde e profuma di fiori. Tu non sai se ti trovi dentro a un Sogno di una notte di mezza estate… e poi scopri che è tutto vero e puoi vederlo qui
Sono sempre in movimento, ti consiglio vivamente di seguirle di frequentare un loro workshop, ascoltare e progettare insieme a loro.
Cambierà completamente l’idea che avrai del sedersi al tavolo di un ristorante, i piatti davanti a te non resteranno solo semplici portate; queste ragazze ti insegnano a vedere il potenziale della materia, educano al cibo, alla buona, bella e amata tavola, ti aiutano a condividere i tuoi gusti, a ricordare quale sia la merenda della tua infanzia, donano ai piatti e ai ricordi un valore coloristico – affettivo.
Beh, adesso prendete e mangiatene tutti.