Incontrarsi per caso
Molte delle nostre prime esperienze sentimentali e sessuali sono iniziate con una sessione innocente del gioco della bottiglia.
Chiusi nella taverna del mio amico, io ed altri miei coetanei ci siamo confidati, baciati, presi in giro e nella nostra preadolescenza forse ci siamo anche un po’ innamorati gli uni e degli altri.
La bottiglia girava, e pregavamo tutti i santi del Paradiso che fermandosi indicasse la persona che ci piaceva tanto: le mani sudavano, lo sguardo rimaneva fisso sul suo movimento vorticoso, poi pian piano rallentava, rallentava, rallentava e quando si fermava la vista dei partecipanti si alzava all’unisono per vedere il verdetto.
Il fato, il destino, la casualità decideva per noi. Eravamo vittime della imprevedibilità del gioco, della forza della nostra spinta rotatoria, della forma della bottiglia… il destino decideva per noi, ed il destino decise anche per me quando dovetti dare un bacio a Marco invece che ad Andrea.
Sincronicità
Anni dopo ho capito invece che il caso non esiste, e ciò che ci sembra casuale nasce da fonti e forze più profonde. A tutti è successo qualche volta che una coincidenza risultasse poi quasi magica, come se esistessero dei legami tra avvenimenti, persone negli stessi luoghi, come dei fili invisibili che si possono intravedere solo in alcuni momenti. Di sicuro ti è successo di chiamare una persona al telefono, nello stesso istante in cui questa stava chiamando te, o di aver avuto un incontro inaspettato in un luogo inaspettato oppure ancora di aver incontrato proprio la persona di cui avevi bisogno in quell’esatto momento.
Queste non sono casualità, ma sincronicità.
La sincronicità è la simultaneità di due avvenimenti vincolati dal senso, ma in maniera casuale: c’è un’intima connessione tra l’individuo e l’ambiente circostante che in determinati momenti esercita un’attrazione che finisce per creare circostanze coincidenti.
È questo il tipo di eventi che attribuiamo al caso, alla sorte o addirittura alla magia, a seconda delle prospettive che abbiamo.
Tatia Pilieva
Tatia Pilieva, scrittrice e videomaker, gioca con la casualità in un modo, volendo, disonesto perchè è lei stessa l’artefice della casualità altrui.
Nel 2014, per promuovere un linea di abbigliamento ha convinto attori e modelle, più di 10 coppie di persone che non si conoscevano a baciarsi e nel mentre li riprendeva. Nel loro iniziale imbarazzo, tra sorrisi di circostanza e qualche battuta, l’evoluzione è stata commovente e coinvolgente per lo spettatore; quello che ne è venuto fuori è un fantastico cortometraggio First kiss.
First Kiss
Superato l’imbarazzo, le coppie hanno fatto il loro dovere, lasciandosi andare in abbracci, baci appassionanti, sorrisi e effusioni quasi inaspettate.
Il bacio rappresenta una forma di conoscenza mentale e fisica della persona desiderata, in questo caso di chi ci si trova davanti, un contatto reso più accattivante dal fatto che prelude all’atto sessuale.
Secondo questa ipotesi, la bocca è una zona dal forte significato erotico, perché possiede il maggior numero di recettori utili a immagazzinare nel cervello informazioni sulla persona amata.
Nella bocca convergono infatti 3 dei 5 sensi: il gusto, l’olfatto e il tatto.
È bello vedere come dalla stretta di mano imbarazzata e formale, dopo le prime presentazioni le battute per stemperare l’aria e sciogliere gli indugi, le coppie di sconosciuti, con riguardo e calma si siamo avvicinate, toccate e baciate, prima con remore e perplessità, ma poi man mano che il coinvolgimento aumentava, il ritmo del bacio si faceva calzante, il desiderio dell’altro e la complicità aumentava e il trasporto era piacevole e palpabile, reale e concreto.
Allora ecco che la casualità crea connessioni, fisiche, olfattive, sensoriali: due sconosciuti messi davanti ad una macchina da presa devono baciarsi, non fare altro, provare a condividere un atto intimo con qualcuno che non si mai visto prima.
Baciarsi è una attività dolce e pericolosa, ci rendere fragili, vulnerabili alle scosse emotive, i brividi lungo la schiena e l’incertezza del dopo.
Baciarsi libera la serotonina, che ci fa sentire felici, e la dopamina che ci rende innamorati e ci fa fantasticare su quello che potrebbe venire dopo.
Undress Me
Dopo quattro mesi, sempre nel 2014, Tatia Pilieva colpisce ancora con Undress me.
In una ipotetica scala di corteggiamento amoroso, cosa viene dopo il bacio? La svestizione reciproca, probabilmente.
Ed è proprio su questo atto, apparentemente confidenziale, che la regista si è rimessa alla prova, chiedendo, sempre a coppie di sconosciuti, di spogliarsi a vicenda e di infilarsi insieme sotto le coperte. Evidente l’iniziale imbarazzo – risate e anche qualche bacio finale – complicità e confidenze.
Spogliarsi a vicenda, parlare e confrontarsi crea una sorta di intimità con la persona che abbiamo davanti molto forte.
In un cortometraggio come questo il coinvolgimento tra i due partecipanti diventa repentino, forse è l’imbarazzo iniziale che aiuta, capire di essere capitati in quella situazione, e allora tanto vale viversela, godersela e provare a sentirsi seducenti, empatici, riflettere sul corpo dell’altro, tutelarlo, valorizzarlo e scoprirlo.
I vestiti celano, nascondono qualche cosa che a volte va oltre la fisicità, il seno accentuato o i fianchi importanti, le braccia gracili e le clavicole sporgenti. Gli abiti possono nascondere paura, insicurezze, parlano della nostra personalità, del nostro modo di percepirci all’interno di un contesto, familiare o più mondano.
Non scegliamo un abito con casualità, così come non scegliamo la persona da baciare o spogliare con casualità, ma possono sceglierla per noi.
E non è detto poi che questa scelta si riveli sbagliata.