Le emoticon, dall’inglese icone delle emozioni, vengono usate, come definisce il vocabolario Treccani: “per dare un’idea dello stato d’animo del mittente”.
Sono nate il 19 settembre 1982 e il loro papà è l’informatico statunitense Scott Fahlman, che propose di contrassegnare i messaggi email con marcatori che rendessero più veloce e intuitiva la comunicazione di frasi scherzose o tristi.
Dagli anni Ottanta a oggi le emoticon composte da punteggiatura e parentesi sono diventate emoji, e vengono usate di continuo in sostituzione delle parole, mettendoci di fronte a una comunicazione iconografica, veloce, intuitiva, degna dell’era digitale.
Ma se ti dicessi che quest’invenzione così smart l’ha pensata qualcun altro prima del buon Scott Fahlman? Senti qua 🙂
Emoticon ante litteram
Dobbiamo tornare un pò in dietro nel tempo, tra il 3.500 e il 3.000 avanti Cristo, in Mesopotamia quando nacque la scrittura.
I primi esempi di scrittura furono dei pittogrammi molto semplici che rappresentavano teste di animali, parti del corpo, piante e venivano impressi sull’argilla con dei cilindri (una sorta di timbrini) con lo scopo di tenere la contabilità.
I pittogrammi furono progressivamente ridotti a segni essenziali, rappresentazioni iconografiche dette ideogrammi, da cui si è sviluppata la scrittura sillabica.
Tantissimi e provenienti da tante culture sono gli esempi di una scrittura fatta da immagini, alcuni dei quali ancora oggi in attesa di essere decifrati. Uno di questi, foriero di protoemoticon, è il Disco di Festo, un disco d’argilla ritrovato nell’antica città di Festo a Creta, ricoperto da 241 simboli, la cui decifrazione non è ancora stata compiuta.
Alcuni simboli impressi non sono poi così difficili da interpretare e non sono molto lontani dal nostro immaginario comune. La spirale divisa in cartigli, gli spazi entro i quali sono stampigliati i segni, inizia con quella che gli studiosi chiamano la rosetta.
Tra i tanti segni possiamo individuarne alcuni davvero esplicativi: una testa di un uomo, un omino in movimento, una colomba, un’aquila, un gatto, un tonno e così via…
Tuttavia la storia che il disco ci vuole raccontare ancora rimane un mistero!
Oggi come ieri stiamo tornando a una comunicazione fatta di immagini, geroglifici moderni che provano a trasmettere le nostre emozioni in maniera più rapida e immediata rispetto alle parole. A volte per noia è più comodo inviare un pollice in su piuttosto che dire :”va bene sono d’accordo te!”.
Altre volte invece l’ausilio di uno smile, di un bacio o di un cuore possono dare a un semplice: “Buongiorno” tutto un altro sapore!
Forse non si tratta solo di pigrizia, forse è in atto ciò che Leopardi, nel suo Zibaldone di pensieri aveva teorizzato:
Che è questo ingombro di lineette, di puntini, di spazietti, di punti ammirativi doppi e tripli, che so io? Sto a vedere che torna alla moda la scrittura geroglifica, e i sentimenti e le idee non si vogliono più scrivere ma rappresentare; e non sapendo significare le cose colle parole, le vorremo dipingere o significare con segni, come fanno i cinesi, la cui scrittura non rappresenta le parole, ma le cose e le idee.