Cosa (non) ti dice un’opera d’arte?

MISTERI NELL'ARTE

L’opera d’arte è il frutto del genio di un personaggio, spesso – e non per nulla – fuori dagli schemi, che dà vita alla sua creatività, racchiudendola in forme e colori. È da sempre una potente forma di comunicazione, ma sul cosa vuole comunicare c’è molto da dire.

Claudio Strinati, uno storico dell’arte, ben sintetizza il concetto:

Le opere hanno sempre due facce, una esplicita e una implicita, destinata a essere colta solo da alcuni.

Hai mai osservato da vicino un’opera d’arte?

Il suo vero fascino non sta tanto in quello che mostra, quanto piuttosto in quello che cela. Molto spesso, infatti, sotto i pigmenti utilizzati o tra gli elementi rappresentati affiorano particolari difficilmente individuabili al primo sguardo.

Sono dettagli volutamente mascherati dall’artista per comunicarti in questo modo il suo pensiero, spesso in contrasto con le credenze dell’epoca, o comunque per darti una chiave di lettura diversa da quella che usi in un primo momento.

Di certo, per qualsiasi motivo siano stati aggiunti, quei contenuti nascosti caricano l’opera di suggestione e ambiguità e le attribuiscono un valore aggiunto, in quanto permettono di conoscere aspetti meno noti dell’artista o del soggetto che ha raffigurato.

Nel suo saggio Opera Aperta, lo stesso Umberto Eco descrive l’opera d’arte come

Un messaggio fondamentalmente ambiguo, una pluralità di significati che convivono in un solo significante.

A questo punto ti chiedo: anche tu, come me, ami indagare nel mondo dell’arte e ti fai rapire dalle sue affascinanti rivelazioni ogni volta che leggi uno di quei thriller come Il Codice da Vinci o ogni volta che guardi una puntata di quei documentari storico-artistici trasmessi in tv?

Allora nei panni di un Alberto Angela in gonnella (concedimi il paragone per qualche riga 😉 ), ti guiderò in un viaggio alla scoperta dei misteri nascosti in alcuni famosi capolavori e resterai stupito di ciò che vedrai.

Pronto? Partiamo! Entra con me nella Basilica Superiore di San Francesco ad Assisi. Tra gli affreschi che Giotto realizza tra il 1290 e il 1295 e che raccontano la vita del santo, guarda cosa compare nella ventesima scena raffigurante la sua morte.

Nessuno si è accorto di questo particolare per ben otto secoli. Solo qualche anno fa, nel 2011, una restauratrice, Chiara Frugone, nota dei tratti inquietanti spuntare dalla nuvola: naso adunco, corna scure e sorriso sornione: il profilo di un demone.

Perchè Giotto avrebbe dovuto dipingere quel volto in una basilica? Credenza medievale secondo cui i demoni abitavano il cielo per ostacolare la salita delle anime? O desiderio dell’artista di scacciare il male dalla vita? La risposta è, e rimarrà, aperta.

Continuiamo il nostro viaggio.

Curiosiamo tra le opere della Gemäldegalerie, la principale galleria di pittura antica degli Staatliche Museen di Berlino. Fermiamoci di fronte al famoso Amor Vincit Omnia o Amore Vincitore di Caravaggio (1602-1603).

A catturare il tuo sguardo è sicuramente Amore (o Cupido), che – come indica il titolo, probabilmente tratto dalle Bucoliche X, 69 di Virgilio – vince su tutti gli altri interessi dell’uomo, quali le arti, la guerra e il potere, rappresentati dagli oggetti ai piedi e accanto al divino fanciullo.

Se osservi attentamente però, riesci a scorgere un altro oggetto dietro la sua gamba destra. È un globo. Anch’io l’ho riconosciuto a stento, ne si vede a malapena una metà, oltretutto coperta dal drappo, ma di fatto sembra fargli da sostegno.

Eppure la sua non è una seduta stabile. Una sfera usata come appoggio, secondo la tradizione classica, è un rimando alla dea Fortuna e indica il carattere instabile e inaffidabile della buona sorte. Caravaggio ha probabilmente ripreso questo aspetto e l’ha utilizzato per il suo Cupido allo scopo di alludere all’inaffidabilità dell’amore terreno. Amore vincente vs Amore incerto. Due facce differenti di una stessa medaglia, non trovi?

L’ultima tappa di questo tour non può che essere il Louvre, dove è custodita l’opera più enigmatica di tutti i tempi, la Gioconda o Monna Lisa di Leonardo (1503-1506).

Servirebbero pagine e pagine per descrivere tutti i contenuti misteriosi di questo capolavoro.
A partire dall’identità della donna, forse Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, committente del ritratto, o forse no. Per continuare col suo celebre sorriso, oggetto di studi continui anche dal punto di vista medico (si pensa che quella sua espressione nasconda una penuria di denti).

Io voglio però parlarti di particolari che Leonardo ha nascosto nello sguardo. Accostando una lente di ingrandimento all’occhio destro della Monna Lisa si possono scorgere le lettere LV, probabilmente le sue iniziali. Più difficilmente definibili i caratteri nell’occhio sinistro, una B o la sigla CE. Non si conosce tuttora il loro vero significato, ma chissà che non sia semplicemente quello di ricoprire l’opera di mistero?

Ci sono tantissimi altri esempi di cui ti potrei parlare, ma lascio anche a te il piacere di cercarli. Diventa tu adesso investigatore d’arte e ricorda: più da vicino guardi, più a fondo vai.

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