50 sfumature “eschimesi” di neve!

Ora possiamo dirlo: siamo sopravvissuti a Burian! La settimana passata quasi tutto il nostro paese e con lui gran parte d’Europa sono stati tenuti sotto scacco da temperature polari, gelo e tanta, tanta neve. Per quanto in alcuni casi possa risultare fastidiosa, pericolosa anche, la neve si porta dietro sempre quella dose di fascino e mistero che ci spinge ogni volta alla finestra per guardarla cadere (le mie maestre alle elementari dicevano che non si deve guardare fuori quando nevica, altrimenti non “attacca”, ma inizio a sospettare fosse solo un modo per tenerci concentrati su quello che accadeva all’interno dell’aula).

Questo fascino ha rapito anche il mondo della linguistica che sulla neve ha scritto tanto. Più di 50 anni fa si è infatti aperta una vera e propria diatriba che la vede protagonista e che ancora oggi non è arrivata a una soluzione:

Quante parole usano gli eschimesi per dire “neve”? Forse un paio, o magari una dozzina o ancora meglio qualche centinaio.

Si è infatti creata una vera propria leggenda metropolitana intorno a questo tema che ogni tanto torna a presentarsi sia all’interno dell’ambito accademico che tra noi comuni mortali.

 

Qualsiasi studio o articolo riguardo questo argomento (e quindi anche il mio) parte da un concetto base: è assolutamente errato parlare di lingua eschimese! Quelle che noi definiamo eschimesi sono in realtà un gruppo di popolazioni (come gli Inuit e gli Yupik) che abitano un vasto territorio che va dall’Alaska alla Siberia e parlano numerose lingue diverse tra loro, suddivise poi in molteplici dialetti regionali.

Assodato questo punto di partenza, la famosa rivista americana Mental Floss ha spulciato tutti i saggi pubblicati sul tema ed è arrivata a riassumere la questione in 3 teorie fondamentali.

Teoria n.1: gli eschimesi hanno 5 parole per neve.

Basandosi sugli studi dell’antropologo Franz Boas e di altri esperti, a partire dagli anni ’50 si è diffusa la teoria che gli eschimesi utilizzassero ben 5 parole per dire neve. Questi studi non affondavano su solide basi ma volevano dimostrare quanto l’ambiente circostante influenzasse l’evoluzione della lingua e quanto ogni lingua rappresenti una diversa visione del mondo. Da questo momento la leggenda si è diffusa, scatenando un vero e proprio effetto valanga.

Teoria n.2: gli eschimesi hanno 2 parole per neve.

Nel 1991 il linguista Pullum pubblica il suo saggio in cui sostiene che in realtà siano solo 2 le parole eschimesi per neve e ritiene che la confusione derivi dalla natura stessa delle lingue in esame: l’Inuit e lo Yupik sono lingue agglutinanti, cioè combinano tot. radici fisse per creare un numero potenzialmente infinito di termini. Quindi hanno molte parole per tutto, non solo per la neve, e risulta  fondamentale prendere in esame solo le radici (in groenlandese per esempio sono due: qanik per la neve in aria e aput per quella già a terra).

Teoria n.3: gli eschimesi hanno 99 parole per neve.

Harrison nel suo studio ha sottolineato che, dove noi utilizziamo un giro di parole per definire un concetto, gli eschimesi utilizzano solo un termine e questo, oltre a spiegare l’abbondanza di termini, costituisce un loro bagaglio culturale che non deve essere ignorato.

Come avrai di certo capito la questione non è per niente semplice ed esistono così tante sfaccettature che arrivare a una soluzione è abbastanza complicato. Quello che è certo è che questa vicenda sottolinea ancora una volta come l’ambiente che ci circonda condizioni la nostra lingua. In un articolo pubblicato alcuni anni fa sulla rivista scientifica Plos alcuni studiosi hanno dimostrato questa teoria partendo proprio dal “problema neve”. Sono state analizzate 300 lingue di altrettanti popoli che abitano a latitudini diverse (e hanno di proposito escluso da questo campione gli eschimesi), soffermandosi in particolare su come viene espresso il concetto di neve e quello di ghiaccio: i popoli che vivono al freddo hanno almeno due parole diverse per esprimere i due concetti, quelli che vivono al caldo spesso ne hanno solo una. Perché, infatti, dovrebbero avere più termini per esprimere realtà che non conoscono per niente? Questo studio ha quindi dimostrato ancora una volta come una lingua rifletta i bisogni delle persone che la parlano.

Di’ la verità, al solo pensiero di 99 parole diverse che si riferiscono a 99 modi diversi di parlare della neve incominci a sentire i primi brividi e Burian non fa più così tanta paura, vero?

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