Al mio tre sorridi…che poi magari ti uccido!

Lunedì 20 novembre il mondo si è svegliato con una notizia particolarmente shoccante: Charles Manson, il pluriomicida, il mostro, il più feroce assassino della storia è morto.  E non è morto crivellato dai colpi di pistola dei poliziotti in una rocambolesca fuga dal carcere, ma beatamente nel letto dell’ospedale in cui si trovava da alcuni giorni per delle complicanze, in fondo aveva ormai 83 anni.

Perché, anche se risulta molto difficile ammetterlo, non importa quante persone tu possa avere torturato e seviziato, quanti cadaveri possa aver sepolto in cantina o nascosto in freezer, anche il peggiore degli assassini resta comunque un “normale” essere umano. Ed è proprio per questo che spulciando in macabri e sanguinolenti archivi fotografici, spesso saltano fuori fotografie che raffigurano i serial killer in momenti di vita quotidiana, lontani dalle aule dei tribunali o dalle celle d’isolamento.

Eccoti qua, quindi, una breve galleria di fotografie che ritraggono 7 (in realtà 8 perché due erano una dolce coppietta di killer) dei più spietati assassini degli ultimi cento anni in pose buffe o con espressioni tutt’altro che macabre:

Charles Manson
Credits to rollingstone.com
  • Charles Manson (1934-2017, USA). Sembra un po’ un rocker maledetto in questa foto. Sul maledetto ho pochi dubbi, sul rocker preferisco non esprimermi anche se lui si sentiva un grande artista e fu probabilmente il desiderio di fama e celebrità a guidarlo nelle sue azioni (insieme a un’infanzia difficile e qualche problemino psichiatrico). Le notti del 9 e 10 agosto 1969 uccise insieme ad alcuni complici, membri della sua family, ben sette persone. Tra queste c’era anche Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski (che solo per un caso fortuito non era in casa quella sera in quanto aveva appena finito di girare uno dei suoi capolavori, Rosemary’baby, e per motivi di lavoro si trovava a Londra), di soli 28 anni e incinta all’ottavo mese. Nella mente perversa dell’assassino le vittime rappresentavano il mondo dello spettacolo che non lo aveva capito e non aveva accettato la sua musica.
  • Dottor Harold Shipman (1946-2004, Regno Unito). Un po’ nonno di Heidi, un po’ prof. di matematica del liceo, Shipman era uno stimato e rispettabile medico che utilizzava il “peso” della sua professione per convincere i suoi pazienti a intraprendere trattamenti che li avrebbero condotti alla morte. Al processo gli furono attribuite 15 vittime certe, alcuni documenti parlano di un numero che oscilla tra le 215 e le 345.
  • Ted Bundy (1946-1989, USA). Era bello Teddy, bello, carismatico e spensierato e proprio grazie a queste sue caratteristiche riusciva ad attirare le sue vittime. Fu condannato a morte per 30 omicidi (c’è chi dice siano stati di più). Le sue vittime erano donne che lui affascinava, rapiva, violentava, uccideva e a volte decapitava per potersi portare a casa un trofeo. Molti testimoni dicono di averlo visto tornare nel luogo del delitto nei giorni successivi.
  • John Wayne Gacy (1942-1994, USA). Per chi come me è cresciuto con il trauma di IT questa foto e tutto fuorché tranquillizzante e simpatica ma Gacy era uno stimato membro della comunità, attivo socialmente e politicamente, che faceva l’animatore alle feste dei bambini vestendosi da clown (da qui il nome killer clown). Il problema è che si divertiva ad adescare giovani ragazzi che poi uccideva e seppelliva nello scantinato di casa.
  • Fred e Rose West (periodo di attività 1967-1987, Regno Unito). Sembravano proprio una bella famigliola felice Fred e Rose, con i loro capelli cotonati, la loro casetta tipicamente inglese e il giardino ben curato, dove furono nascosti i corpi delle loro 12 vittime, tutte giovani donne, spesso violentate e smembrate. Ah, quella casetta ora è chiamata la “casa degli orrori”.
  • Jeffrey Dahmer (1960-1994, USA). Jeffrey era nato nella perfetta famiglia americana, andava bene a scuola e anche se introverso aveva molti amici. A un certo punto però qualcosa si ruppe: iniziò a collezionare resti di animali morti e a essere attratto dalla morte. Tra il 1978 e il 1981 uccise 17 ragazzi, tutti giovani e principalmente di etnia afroamericana e asiatica. Tendenzialmente violentava le sue vittime per poi strangolarle, squartarle e commettere atti di necrofilia e cannibalismo (per questo viene ricordato come il cannibale di Milwaukee).
  • Aileen Wuornos (1956-2002, USA). Ebbe sicuramente un’infanzia travagliata Aileen, caratterizzata dalla povertà e dalle violenze e per tutta la vita utilizzò vari espedienti per cercare di migliorare la sua condizione. Sposò da giovane un uomo molto più anziano (nella foto qui sopra sembrano quasi felici), si prostituì e, piccolo particolare, tra il 1989 e il 1990 uccise 7 uomini in Florida. Malgrado la difesa cercò di giustificare gli omicidi con i tentativi di violenza subiti dalla donna, la Wuornos venne condannata a morte e giustiziata, tramite iniezione letale, nella prigione di Reiford.

Da queste foto emerge un aspetto interessante e per certi aspetti preoccupante: anche i peggiori serial killer sono esseri umani che generalmente portano avanti una vita più che normale, almeno in apparenza. Sembra quindi che quando a Studio Aperto, il giorno dopo di un cruento massacro, il vicino di casa del killer di turno lo descrive ai microfoni come “una persona tanto per bene, che sorrideva e salutava sempre” non ci si allontani poi così tanto dalla realtà e ammettiamolo, chi non vorrebbe dei vicini di casa così simpatici?

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