Una coppia di fratellini e un giovane pensatore, cosa avranno in comune le due foto oltre che l’essere in bianco e nero e appartenere a un’altra epoca?
Sono fotografie scattate … post mortem!!!
Ebbene sì, la fotografia post mortem è una pratica che inizia a diffondersi in epoca vittoriana, in città come Londra dove il tasso di mortalità infantile era assai alto, ragion per cui i genitori, non avendo alcun ricordo dei neonati da poco perduti, si rifacevano a questa pratica.
Tuttavia le foto post mortem a noi pervenute non hanno come soggetti esclusivi i lattanti, ma persone di tutte le età.
Alcuni fotografi erano davvero specializzati nell’esecuzione di questi scatti, tant’è che in alcune di queste foto è difficile distinguere i vivi dai morti.
Molta cura era dedicata alla preparazione del defunto: venivano ben vestiti e truccati, i capelli acconciati di tutto punto, gli occhi aperti, o talvolta disegnati sulle palpebre. Venivano accuratamente sistemati in modo da sembrare impegnati in piccole attività quotidiane o in pose naturali.
Per mantenere la posizione eretta del defunto, i fotografi si servivano di appositi sostegni posti in posizione strategica, di tende dietro cui si nascondeva qualcuno volto a reggere il defunto, oppure ancora venivano adagiati su sedie, poltrone o divanetti.
Ma perché fotografare i morti?
Oltre ad avere un ricordo del defunto, recenti studi hanno avanzato l’ipotesi che facesse parte di un trattamento delle spoglie legato al rituale del passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti: si pensava che l’aspetto del defunto nel mondo dei vivi potesse rispecchiare lo stato dello spirito e favorirne in qualche modo il benessere.
Molto più semplicemente doveva trattarsi di una moda, partita dai ceti più abbienti e diffusasi progressivamente soprattutto perché, essendo a quei tempi la fotografia molto costosa, non tutti avevano una foto del proprio parente in vita.
Qualunque sia la reale motivazione ad oggi ci pare una cosa assai inquietante!
Tuttavia si tratta sempre di persone che non ci sono più quindi non ci resta che dire sit tibi terra levis.